philosophy
DIALOGO CON LA TERRA
Il mondo sensibile si articola intorno al corpo come centro. Lo spazio cresce, si dilata, si restringe, si riempie, si svuota, raggiunge altezze e profondità, si espande nella luce e si inabissa nel buio dell’infinito. Il corpo fa parte dello spazio, si compenetra con esso, lo misura, lo abita. Mi chiedo da dove origina l’architettura. Non si tratta soltanto del prodotto ottenuto dall’atto del costruire, credo piuttosto in una percezione immediata racchiusa forse nel nostro inconscio ed espressa nella relazione del corpo con lo spazio. Penso all’architettura come ad un processo insito in quell’intelligenza emotiva capace di tradurre e decifrare l’atmosfera di una situazione ambientale, capace di interiorizzare proprietà e relazioni di una «realtà» che non si esprime solo attraverso le leggi fisiche. Strutture astratte che si manifestano nel piano della materia. Lo spazio è un pieno che accoglie i percorsi di chi lo attraversa, rende visibile la consistenza dei segni lasciati dai vari passaggi, odora di storia, di vita, o non odora affatto. Forse l’architettura è già nella sensazione di protezione che offre la fronda di un albero o nella forma sinuosa di una cavità rocciosa che ci accoglie. Penso a quelle architetture che sono null’altro che una celebrazione di chi li ha progettate. Prodotti confezionati e resi poco attraenti quando avvolti nell’artificiosità dei materiali sterili contrapposti alle esigenze autentiche di un vivere semplice che riflette sul significato di necessità e di comodità. Qualunque sia la forma che assume, e lo scopo che assolve, è riflesso e proiezione di uno stato dell’essere, di una condizione umana, di un pensiero, è un campo pervaso da forze che contribuiscono alla metamorfosi della materia e deve rapportarsi alle domande esistenziali fondamentali.
Ricordo che mentre studiavo architettura mi chiedevo perché spesso gli architetti dopo aver studiato tanto, riuscissero a progettare “opere” che alterano il paesaggio senza rispettarne il movimento, i colori, la luce e quei particolari che lo rendono unico. Certi territori subiscono a mio avviso una violenza determinata dalla realizzazione di costruzioni disarmoniche, progettate senza il minimo ascolto delle caratteristiche di quel dato luogo. Avrei voluto e tuttora a volte sogno una bacchetta magica per poter cancellare ciò che l’uomo ha costruito in fretta e senza avere avuto prima un “Dialogo con la Terra”. L ‘uomo non è separato dall’ambiente in cui vive, ne è profondamente legato e la sua interazione con esso contribuisce a formarlo e a modificarlo. Terra, aria, acqua, fuoco trasformano e donano a noi opere divine: onde che si arricciano nell’acqua, nuvole bianche che disegnano nell’infinito o semplicemente un raggio di sole dorato e brillante che entra con gioia nella nostra casa quasi a darci un saluto, il saluto del fuoco che nutre e trasforma la vita. La Terra ci accoglie nella bellezza infinita della natura, ogni forma di vita risponde a delle leggi misteriose non necessariamente da capire ma sicuramente da saper osservare “dal di dentro” e tanta profondità di bellezza chiede al nostro operare altrettanta profondità. E’ necessario ripristinare dentro noi quella consapevolezza e quel rispetto che ci vengono chiesti ogni giorno dall’ambiente in cui viviamo: alcune grandi civiltà antiche ci insegnano la capacità di attingere con saggezza dal tesoro della Terra.
Sempre di più avverto e noto come la figura dell’architetto non può esistere in corrispondenza di un progettare frutto solamente di un processo intellettivo. Rimprovero ad alcuni docenti durante gli anni di Università, di avermi guidato alla progettazione seguendo, troppo spesso, ispirazioni tra riferimenti architettonici “troppo lontani”, facendomi così intendere l’architettura come qualcosa di staccato e lontano da me, fuori, espressa solamente nelle tavole abbellite che disegnano un progetto, senza mai attraversare lo spazio fisico di un cantiere. Probabilmente non avevo maturato in me questa necessità di “stare e lavorare dentro le cose”, ed ora, confrontando il mio sentire con le persone che incontro, emerge l’esigenza di comprendere il movimento nello spazio e per fare questo, occorre vivere i luoghi. Solo così possiamo assottigliare la distanza che esiste tra il progettista, il costruttore, il futuro abitante e l’ambiente. Solo così si crea il dialogo tra uomo e ambiente, tra interiore ed esteriore. Tra mente e corpo, tra lo spirito e la materia.
La terra si fa plasmare e toccare, libera a percezioni che fanno parte di noi ma che abbiamo dimenticato, ci aiuta a raccontare chi siamo e a liberare il potenziale creativo che ci appartiene. Lo scambio e l’unione che nascono dal semplice “fare insieme” dà un valore in più al mio percorso creativo e mi trasmette la forza di credere che non servono bacchette magiche ma amore per noi stessi e per ciò che ci è stato donato.