crema di tadelakt _ Genova

By isabella • tadelakt, Terra Cruda • 29 ago 2015
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Kant sostiene che “la mano è la finestra della mente”. Non è ciò che realizziamo ma come realizziamo a farci sentire lo spessore della creatività, come coordiniamo il pensiero, il sentimento e le azioni. L’abilità artigiana si acquisisce nella ripetizione, nel ritmo del fare, inglobando ogni volta capacità e consapevolezza, imparando a modulare le nostre azioni. Si impara ad usare le mani, si impara che la quotidianità e il fare si strutturano nell’essere presenti e che la qualità del risultato dipende da un atteggiamento di cura, di affetto, di dedizione per ciò che stiamo creando.

Per un’accogliente mansarda sotto i tetti di Genova, Enrico ha accettato la proposta di un piano cottura in legno, terra e tadelakt. E’ un amante della cucina e di fatto, un cuoco di professione. Mi è venuta voglia di descrivere i vari passaggi  di lavorazione del tadelakt immergendoli in una nota dal sapore culinario. Con Alessandra, Greta, Stefano, Davide, Luca_Gruppo Informale, Genova http://www.gruppoinformale.it/

 
 
 
ingredienti :DSCF3102
. calce di Marrakech
. acqua q.b.
. sapone nero a base di olio d’oliva
. cera d’api
. un po’ d’olio di semi di girasole
 
 
strumenti :
Dovranno essere impiegati quelli specifici per il tadelakt,
scrupolosamente fedeli all’elenco fornito qui sotto:
. miscelatore
. cazzuola
. spatola di metallo
. lingua di gatto
. taloccia in legno di cedro
. pietra di fiume levigata
. spatola di plastica
. spugna morbida
. panno in cotone morbido
. guanti adeguati
. occhiali di protezione
 
 
 
Tadelakt. Stiamo parlando di una roccia calcarea, viene cotta e poi spenta per mezzo dell’acqua che la fa sfiorire, riducendola in polvere. E’ un materiale alcalino per cui nel contatto prolungato con la vostra pelle può risultare irritante. Proteggete le vostre mani con dei guanti e fate attenzione agli occhi. E’ vero, il senso del tatto ne risente, perde autenticità ma in questo caso dovrete compensarlo affinando, sviluppando e utilizzando gli altri sensi.
Mettere in ammollo la calce. Mescolare il tutto in modo da ottenere un impasto omogeneo, denso e cremoso e non troppo fluido. Lasciare riposare il tempo di una notte ad una temperatura che oscilli tra i 5° e i 40°.
In queste ore le particelle di calce immerse nell’acqua si idratano recuperando pastosità e plasticità. Prima di iniziare rifrullate l’impasto in modo da sciogliere eventuali grumi.
Il colore proprio del tadelakt tocca i toni delicati e neutri del bianco ma non è mai lo stesso, è sempre una sorpresa. A volte è un bianco che vira al grigio o leggermente nocciolato, altre il bianco risulta più puro.
Se preferite una finitura colorata procuratevi dei pigmenti di origine minerale in modo che siano stabili con la calce. Aggiungeteli all’impasto amalgamandoli piano a piano. Potere scegliere i toni che richiamano i colori caldi e ambrati delle spezie, oppure i colori freschi di boschi e mari, quella gamma che dal verde approda ai blu fino ai toni profondi della notte. La frutta suggerisce cromatismi più vivi e decisi come il rosso amarena, il frizzante giallo limone, il violaceo dei mirtilli neri. A voi il gusto di esplorare.
Preparate la superficie sulla quale verrà steso l’impasto. Servitevi di una pennellessa. Rimuovete le particelle di polvere e bagnate con l’acqua finché la superficie sarà stata dissetata.
La graduale evaporazione dell’acqua e la leggera idraulicità, la temperatura dell’aria, il tipo di supporto sul quale è applicata la calce, la quantità di molecole d’acqua presenti nell’aria, dettano il ritmo e infittiscono o diluiscono la sequenza dei passaggi.
Stendete l’impasto con il frattazzo di metallo e attendete che l’impasto faccia presa. Servendovi del frattazzo di legno livellate e compattate la superficie accompagnandolo con movimenti ampi e circolari. Il legno rilascerà nell’aria il profumo dell’essenza di cedro.
Dovrete diventare così bravi da capire quando utilizzare la lingua di gatto che permette di avviare una prima chiusura dei pori.
Il termine Tadelakt deriva dall’arabo “dellek”, cioè impastare, schiacciare, massaggiare. Prendete la pietra. Con la parte piatta effettuate movimenti circolari schiacciando leggermente. Non sostate troppo in un solo punto, portate il movimento delle vostre mani sull’intera superficie. Siate delicati, comprimete ma dosando la forza impiegata.
Impugnare la spatola in plastica quasi fosse un prolungamento della vostra mano. Passatela con una lieve pressione, quasi ad accarezzare la superficie.
L’alternanza tra pietra e spatola va ripetuta per tre volte.
 
Il giorno seguente :
E’ un momento magico in cui gli acidi grassi, materia prima del sapone nero, interagiscono con la calce, formando degli strati insolubili che induriscono la superficie proteggendola.
Diluite il sapone nero con dell’acqua. Imbevete la spugna, strizzatela un po’ e saponate tutta la superficie. La mano è capace di tradurre i pensieri in movimenti, quando date il sapone pensate al massaggio. Riappropriatevi della pietra e passatela nuovamente. Ripetete movimenti circolari, pressando sensibilmente in modo da far penetrare il sapone.
Nello scorrere del tempo, il sole, il vento, l’aria, la temperatura contenute nell’atmosfera, faranno evaporare le ultime gocce d’acqua consegnandoci il tadelakt asciutto.
Questo è il passaggio che dona nutrimento al tadelakt. Servono un panno morbido e la ricchezza della cera d’api. Se troppo pastosa potete emulsionarla con un po’ di olio di semi di girasole. Distribuite la mousse ottenuta in modo da lasciare un’impalpabile lucente glassatura che farà brillare la vostra finitura.
 
E ora, assaporatevi lo spettacolo…
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